Alzi la mano chi non ha qualcosa di Ventaglio in agenzia.

Dal porta cataloghi verticale al fondale con la foto dell’Olhuveli montata sul telaio in metallo rosso, i loghi Ventaglio, VentaClub o VentaPoint rigorosamente cancellati o nascosti: perché quel materiale era di buona qualità e perché - soprattutto in tempi di crisi - in agenzia non si butta via niente, cataloghi a parte. Ventaglio non c’è più da anni, ma non tutti i clienti lo sanno: ecco perché - tutte le volte che si chiede loro di citare spontaneamente il nome di un t.o. conosciuto - Ventaglio finisce sempre ai primi posti.

Valtur è regime di amministrazione straordinaria da un anno e mezzo. Compito dei tre volenterosi commissari era salvare un marchio storico, salvaguardare i posti di lavoro, valorizzare gli asset residui e - soprattutto - vendere a un prezzo equo. Gli acquirenti ci sono pure, e da tempo (Uvet di Luca Patanè e Orovacanze di Franjo Ljuljdjuraj), ma sono passati 18 mesi e ancora non ne siamo venuti a capo.

Ventaglio non si è salvata, mentre Valtur  - o meglio, quello che ne rimane - si salverà, perché la procedura prevede comunque una soluzione, presto o tardi.

Ma qualcosa di irrimediabilmente perduto c’è: la fiducia dei clienti nei confronti di marchi che hanno segnato il tour operating italiano. Chi ha più di trent’anni ricorda quando, in agenzia, il cliente Club Med storceva la bocca alla proposta di provare un Club Vacanze (“Beh, veramente andiamo al Club da anni, ci troviamo bene…”). Oppure l’imbarazzo del bravo agente che, esaurita la disponibilità del Son Bou con Alpitour, proponeva un’alternativa con Teorema Tour (“Glielo garantisco, c’è stata mia cugina, la spiaggia è uguale!”).

Altri tempi. Oggi che il mercato lo fanno Booking.com e Trivago, il cliente dà più importanza al prezzo che al marchio. E quando gli si chiede di citare spontaneamente un network turistico, risponde: “Ah, questa la so! Ryanair, Canale 5 e Tecnocasa, ho indovinato?”.