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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter
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Viaggio dietro le quinte del (premiatissimo) aeroporto di Roma Fiumicino

Anche per chi viaggia per lavoro e ci passa molto tempo, il “dietro le quinte” di un aeroporto è del tutto sconosciuto. Grazie a Raffaele Pasquini di AdR Aeroporti di Roma ho avuto modo di visitare aree di Fiumicino interdette al pubblico e ho scoperto cose che – nonostante 40 anni di decolli e atterraggi – ignoravo. Peraltro il Leonardo da Vinci è da anni premiatissimo: a giugno 2023 è stato nominato migliore aeroporto d’Europa da ACI Airport Council International, associazione internazionale che riunisce i principali scali del mondo, nella categoria degli hub con oltre 40 milioni di passeggeri. Riconoscimento che si aggiunge alla leadership, da sei anni, nella classifica europea sulla qualità del servizio espressa direttamente dai passeggeri e alle 5 stelle Skytrax - la società di ricerca britannica che redige classifiche delle compagnie aeree e degli aeroporti - per “l’eccellenza operativa e la qualità del servizio erogato ai passeggeri”. Ecco tre cose che non sapevo.

1. Esiste un Grande Fratello e si chiama APOC. L’acronimo sta per AirPort Operation Center e da lì decine di operatori specializzati (molti sono ingegneri) sovraintendono alle operazioni aeroportuali. A tutte. Perché quello che avviene da quando l’aeromobile entra fino a quando esce dalla piazzola di parcheggio (prima e dopo, se ne occupa l’ENAC con la torre di controllo) viene gestito nell’APOC, su una superficie di 2.000 mq con 16 control rooms e 112 postazioni di lavoro. Se avete presente le immagini in TV del Mission Control Center della NASA (quello di “Houston, qui Mare della Tranquillità. L’Aquila è atterrata”, Neil Armstrong, 20 luglio 1969) allora potete farvi un’idea dell’APOC. Certo, oggi gli schermi sono HR piatti e tutto è a banda larga e digitale, ma l’atmosfera di controllo e comando è quella. Dalla piazzola degli aeromobili al flusso dei passeggeri in arrivo, dalle code al controllo bagagli alle file per l’accesso all’area Non Schengen, dal traffico dei Cobus che trasportano quelli appena arrivati al percorso – di chilometri – che i bagagli sbarcati fanno per raggiungere i loro proprietari, sul nastro: tutto è controllato dall’APOC. Che, alla fine, è proprio un Grande Fratello: visto che legge la distanza - in centimetri - che ti separa da quello che hai davanti, in coda ai controlli di sicurezza, con un clic – zac – ti apre un accesso in più.

2. In aeroporto si passa un sacco di tempo e si compra di tutto di più. Io sono di quelli che arriva in aeroporto all’ultimo, nei negozi acquista solo il quotidiano (prima, oggi neanche quello) e schizza al gate. Ma rappresento una sparuta minoranza, perché il tempo medio di permanenza a Fiumicino, soprattutto per coloro che volano lungo raggio, è assai rilevante. Tempo dedicato a due sole attività (la terza è prosaica, e non la cito): mangiare e fare shopping. Sulla prima, sappiamo tutti che la scelta va dalle alette di pollo a pochi euro da KFC al menù stellato da 100. Sullo shopping, se uno avesse smesso di viaggiare dieci anni fa e oggi attraversasse l’Area di imbarco E di Fiumicino si chiederebbe se – anziché in aeroporto – fosse finito tra Via Condotti e Piazza di Spagna. Perché i brand - quelli top di gamma, intendo - ci sono tutti, e tra qualche mese ne appariranno altri. Marchi che, come nei fashion district più rinomati, si litigano le posizioni di rilievo! Ovvio, il tax free è attraente, risparmiare l’IVA su un Rolex è un affare di per sé. Ma possibile che la gente attenda proprio la partenza, per fare shopping? “Ecco, questo è lo store di Gucci, una piazza d’armi” dice Raffaele Pasquini “Ora è deserto. Ma quella coppia cinese che è appena uscita ha fatto uno scontrino da 3.000 euro: hanno il volo tra poco, andavano di fretta…”.

3. “Adesso vengono dall’estero a vedere come lavoriamo”. Prima dell’Alta Velocità, per andare a Roma prendevo un volo da Linate. A parte il fatto che pagavo una cifra (bei tempi, quelli del monopolio, per Alitalia) sbarcato a Fiumicino trovavo tre cose, sempre le stesse: una calca levantina di autisti che brandivano cartelli scarabocchiati a pennarello “Mr Wilson” o “Herr Schmidt” e ti guardavano delusi (e anche un po’ incxxxxxxxx) quando scuotevi la testa, perché non eri né Wilson né Schmidt; i bagni che non funzionavano; tassisti abusivi con facce da patibolo che ammiccavano: “Je serve ‘n taxi, dotto’?! Venga, venga, che ce la porto io!”. Oggi non è più così. La riprova è un semplice fatto: chi all’estero gestisce aeroporti (anche quelli importanti, senza fare nomi, ma vent’anni fa ci andavi e rimanevi in soggezione) oggi vengono a prendere lezioni da AdR, ormai un benchmark a livello mondiale per qualità, innovazione e sostenibilità. Ci dicono che molto è cambiato dal violento incendio che nel 2015 devastò il Terminal 3, che costrinse a rivedere completamente impostazione e gestione dell’aeroporto. Merito del fuoco, quindi. Sarà una coincidenza? Nerone nacque ad Anzio, nel 37 d.C., a 60 chilometri esatti dal T3.

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