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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter
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I tre temi che mandano ai matti i vacanzieri di agosto: scontrino a 2€, io e basta, stabilimenti balneari alla gogna

Sarà perché il titolo era provocatorio (“È giusto che ombrelloni e lettini costino un botto!”) o perché delle vacanze (come del calcio, o del meteo) tutti parlano volentieri, ma il mio pezzo è stato molto letto. E anche molto commentato, soprattutto da chi NON è un addetto ai lavori, ovvero un lettore abituale di Whatsup.

Ne traggo quindi una insperata lezione di “sociologia vacanziera”: ecco i tre temi che fanno imbestialire gli italiani vacanzieri ad agosto. Ripeto, non chi si occupa di turismo (che è più disincantato, ovvio) ma tutti gli altri.

1. No, il toast dimezzato a 2 euro no! Nella temperie di ricevute, fatture, conti scarabocchiati sulla carta del macellaio, che ha caratterizzato questa estate all’insegna degli aumenti, uno scontrino da 2 euro ha spaccato. Riassumo per i pochi che se lo siano perso (fonte, ANSA): “Due euro in più perché hanno chiesto di avere il toast tagliato a metà: è quanto accaduto a fine giugno in un bar a Gera Lario, nel Comasco. “Eravamo in due e abbiamo chiesto un toast vegetariano, che al tavolo avremmo mangiato in due. Abbiamo pagato un supplemento di 2 euro, incredibile ma vero..." denuncia il cliente, che ha postato la foto dello scontrino su TripAdvisor, scatenando ovviamente una shit-storm nei confronti del gestore del bar. Il quale ha timidamente replicato: “Se un cliente mi chiede di fare due porzioni di un toast devo usare due piattini, due tovaglioli e andare al tavolo impegnando due mani. È vero che il cliente ha sempre ragione, ma è altrettanto vero che le richieste supplementari hanno un costo”.

Perché questo episodio (e tanti altri simili) ha fatto così rumore? Perché la sensazione che hanno gli italiani in vacanza è che TUTTO sia aumentato: il caffè e la pizza, il fritto misto e l’aperitivo, il parcheggio e la camera d’albergo, la benzina e il mohito, ma soprattutto ombrellone e lettino (vedi punto 3). Il che è vero, ma non nei termini scandalizzati di tanti leoni da tastiera: “Vergognatevi! Costa tutto il doppio dell’anno scorso!”. Lo certifica l’ISTAT, a luglio 2023: l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) si colloca al 6% su base annua (quindi l’inflazione, di pochino, ma si abbassa); contribuiscono a ciò l’incremento su base annua dei prezzi di acqua, elettricità e combustibili (+ 9%), di alimentari e bevande analcoliche (+ 10,7%), dei servizi ricettivi e di ristorazione (+8%), mentre calano di una unità i trasporti.

Ne consegue che un ristoratore o un albergatore che ha aumentato il suo listino del 10/12% è onesto; se l’incremento è del 30 o 40% è un truffatore. Però l’italiano medio crede di essere circondato da truffatori che attentano alle sue tasche, più che da onesti imprenditori che stanno sulle spese.

2. La mia esperienza vale per tutti e non la si contesta, punto! Quello che mi ha lasciato di stucco, in decine e decine di commenti, è che vengono fatte affermazioni tranchant (“Il turismo crolla!” “I prezzi sono aumentati del 50%!” e soprattutto “L’Albania è più bella della Puglia e costa la metà della metà!”) basandosi sull'esperienza personale, su ricordi ormai annebbiati, su titoli di giornali scorsi nel feed di FB. Se io volessi affermare che l’Albania ha avuto un boom epocale, magari prima andrei a vedermi qualche numero, dal quale desumerei facilmente che il numero di arrivi internazionali del Paese delle Aquile, in tutto il 2023, è stimato pari a 10 milioni (2,5 milioni in più del 2022), ovvero il doppio di quanto l’Emilia Romagna ha registrato nel primo semestre 2023 (solo l’Emilia Romagna, solo 6 mesi). E magari mi accorgerei anche che l’unico aeroporto internazionale dell’Albania è Tirana (l’Emilia Romagna ne ha 4).

Però l’italiano medio desume dal suo soggiorno in rifugio sul Gran Sasso che l’Abruzzo è più economico della Val d’Aosta, dal suo campeggio nel Cilento che in Sicilia avrebbe speso il triplo, dal suo aperitivo a Ladispoli che non si possono spendere 30 euro, per lo stesso spritz, a Punta Ala. Una parte per il tutto: si chiama sineddoche, e non è un aperitivo.

3. La categoria più odiata? I gestori degli stabilimenti balneari. Non c’è gara: non gli albergatori né i tassisti, non i ristoratori né i baristi e neanche i parcheggiatori abusivi. Bastano due delle decine di commenti ricevuti: “Le spiagge devono essere gestite dallo stato perché sono di tutti e i prezzi dovrebbero essere calmierati perché noi tutti paghiamo le tasse” “Il gestore di una spiaggia non è un imprenditore privato! Sfrutta una risorsa pubblica, pagandola un prezzo irrisorio, per imporci un pizzo. Io non voglio lo stabilimento balneare! Lasciatemi la spiaggia libera, come all’estero e come da Costituzione!”. Glisso sull’articolo che i Padri Costituenti hanno dedicato alla sacralità del libero e democratico spiaggiamento dei cittadini italiani (se no qualcuno mi cita il “discorso del bagnasciuga” di un deprecato romagnolo), non entro nel merito dell’applicazione della direttiva Bolkestein e quindi mi limito a un’osservazione simil-sociologica.

Nell’arco di poche decine d’anni, siamo passati dalla villeggiatura (lusso per pochi fortunati) alla vacanza di massa, “aggravata” dal portato della pandemia. Tradotto: ci siano convinti del fatto di andare in vacanza (in Sicilia, non a Ladispoli) come diritto inalienabile e irrinunciabile, come una sorta di: “Ma io lavoro tanto, spendo tanto per fare la spesa e pagare le bollette, le MIE vacanze sono sacre e intoccabili!”. E siamo ancora più convinti che lo Stato dovrebbe in qualche modo garantircelo, questo diritto, ovviamente punendo i reprobi (gestori balneari in primis) e facendo in modo che le nostre vacanze costino un prezzo equo. Quale? Boh, a ognuno il suo. “Come l’araba fenice: Che vi sia, ciascun lo dice; Dove sia, nessun lo sa” declamava il Metastasio (che non gestiva uno stabilimento balneare né era socio del Twiga, per sua fortuna).

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