L’avrei potuta incontrare su una spiaggia di Ibiza, sul finire degli anni '80, appena scesa da un charter insieme ad altri duecento tedeschi in sandali e calzini bianchi.
Allora però si chiamava Angela Dorothea Kasner e comunque non brillava per bellezza. In quegli anni noi italiani ci si sfiniva al Ku o al Pacha, i tedeschi ballavano gli Abba in villaggio; noi si affittava jeep, loro tutto in bicicletta o a piedi; noi si cenava a base di aragoste, loro panini e birra. Noi eravamo abbronzati e loro rossi come pomodori. Noi si leggeva la Gazza e loro la Bild.
A saperli leggere erano segnali per il futuro. Primi imperscrutabili germi dell’eurocrisi. Dovevo fidanzarmi con la Kasner.
Oggi si chiama Angela Merkel, guida il paese più serio e strutturato del mondo e divide le sue giornate in due parti: nella prima si assicura che tutto funzioni a dovere, nella seconda respinge gli attacchi delle cicale che sperano di impietosirla.
Proprio sulla Bild è uscito di recente un articolo dal solito titolone morbido e cortese “Questi cinque vogliono i nostri soldi!”. I cinque sono gli Usa, la Ue, la Francia, l’Italia e la Spagna. A corredo del pezzo, tra le altre, una foto una scattata al vertice di Camp David: Obama seduto sul bracciolo come vostro zio Antonio al pranzo di nozze della cugina Concetta, Hollande stravaccato e Monti scravattato. Dal divano Angela li osserva.
Già negli anni 80 in tanti pensavamo che bastasse togliersi la cravatta per conquistare una tedesca.
E magari con una tedesca funzionava, ma con l’intera Germania no.