Quello che è accaduto a Ibiza è il classico caso di “cultivation theory” applicato al turismo.
Molti ormai sapranno che in questi giorni nella più rinomata delle Pitiuse ha aperto il primo Hard Rock Hotel europeo. E perché la catena alberghiera abbia scelto di esordire in questo minuto ritaglio del continente lo spiega in sintesi il direttore marketing Cristina Serra: “I motivi sono legati alla musica”. Gli stessi che già nei primi anni ’80 convinsero Beppe Ronco ad arrembare l’isola con il brand Going, riscuotendo il successo che tutti ricordiamo anche grazie alla non casuale sponsorship con Sandy Marton, a quel tempo in vetta alle hit con l’effervescente “People from Ibiza”. Dunque, musica era e musica è.
E se il marketing chiamerebbe tutto questo ‘coerenza’, gli studi sui mezzi di comunicazione di massa prediligerebbero il termine “cultivation theory”, a mio parere assai più calzante.
Nell’immenso supermercato planetario del turismo sarebbe infatti oggi sempre più importante investire su progetti da “coltivare” anziché da “lanciare”. Anzitutto procedendo alla coltivazione della brand identity territoriale e di prodotto previa rigida – sebbene dolorosa – selezione dei semi. L’ideale sarebbe sceglierne uno tra i moltissimi ipotizzabili; solo uno, da annaffiare con cura, ogni giorno, affinché cresca solido e inattaccabile.
Esattamente come ha fatto Ibiza, che per oltre trent’anni ha coraggiosamente giocato sempre lo stesso asso o, per meglio dire, ha suonato sempre la stessa musica. Facendosi così via via artefice della propria identità, al punto da aggiudicarsi il primo Hard Rock Hotel del continente senza sforzo alcuno, soltanto per una pura questione di spirito identitario o, se preferite, di affinità elettive. “Loro sono musica – dice Serra –, noi siamo musica. E’ stato tutto molto naturale”.
La storia di Going a Ibiza è anche su “Gente di Viaggi”, il libro di Remo Vangelista.