Chissà perché continuiamo a incaponirci nello sfornare portali (o web portals), siti in rete (o websites) e nomi (o naming) di prodotti turistici e culturali per i mercati esteri – e non – in lingua inglese. Eppure sono molte le voci che si stanno levando per segnalarci come il nostro idioma sia oggi sempre più amato e agognato dagli stranieri.
E mentre il mondo della critica cinematografica radunato in questi giorni a Cannes si chiede perché due dei tre italiani in concorso abbiano optato per titolazioni anglofone (Sorrentino con Youth e Garrone con Tale of Tales), al Salone del Libro che quest’anno si annuncia ai visitatori con lo strillo (o claim) “Italia, Salone delle Meraviglie”, la prima mattinata si è aperta discorrendo proprio di “Lingua Madre: l’italiano e i suoi sconfinamenti”. Qui, titolatissimi insegnanti della dantesca parlata disseminati nei più prestigiosi atenei d’oltralpe e d’oltreoceano, hanno ricordato come in soli dieci anni ci sia stato un poderoso balzo degli iscritti ai loro corsi. “In testa a tutti – ha ricordato Adriana Hösle Borra – ci sono i tedeschi, che stanno addirittura lavorando a un dizionario filologico della nostra lingua, di cui noi italiani non disponiamo ancora, poi gli australiani e quindi gli statunitensi”.
Perché, allora, almeno quando trattiamo con i suddetti mercati non approfittare di questa tendenza (o trend) per valorizzare il fascino (o appeal) esercitato dal nostro idioma, e trasformarlo in una delle tante eccellenze del Prodotto Italiano (o Made in Italy)?
Almeno, proviamo a farci una riflessione; se è il caso, anche seria.
Ammetto che, nello scrivere queste righe, la tentazione di indulgere nelle abituali scorciatoie lessicali mutuate dalla terra di Albione è stata anche per me fortissima. Tuttavia, con una minima – ma davvero minima - dose di impegno, ho piacevolmente e orgogliosamente scoperto di potercela fare utilizzando la lingua che sempre più stranieri vorrebbero saper maneggiare bene quanto in realtà solo noi, che ne siamo spesso indegni ambasciatori, potremmo fare e non facciamo. Trascurandola troppo spesso, snobbandola troppo a lungo. Nell’illusione di dimostrarci più global. Auspicabilmente più fashion. Certamente più trendy.
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