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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter
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Cerchi lavoro e sei arrivato al colloquio? Ecco 5 modi che hai per farlo fallire

Come head-hunter, sono un lettore seriale di Cv e un cultore dei colloqui di selezione. Dei primi ho scritto la volta scorsa, dei secondi mi occupo da più trent’anni, e non ho ancora finito di stupirmi, per quello che può succedere. Di tutto, perché mi è capitato di accogliere una candidata che s’era portata il cane, non avendo a chi lasciarlo, o un candidato ultra-ventenne con la mamma, che ho fatto fatica a convincere a star fuori (la mamma, non il candidato). Qui però parliamo di colloqui di selezione per quadri o dirigenti, e per posizioni di responsabilità, quindi il livello è medio-alto. Ecco cosa evitare, se non vuoi farti cacciare dopo dieci minuti.

Quelli che arrivano in ritardo, oppure in anticipo - Pessimo inizio per tutti e due: quelli in ritardo, perché la scusa del traffico è insulsa. Ma anche quelli in anticipo, peggio se di 15 o 20 minuti, perché magari sto incontrando  il candidato precedente, o ne sto redigendo il giudizio, oppure mi sto semplicemente bevendo un caffè, dopo ore di colloqui. Arrivi tu, fai capolino come per dire “Voilà, sono già qui, è contento?” tutto sorridente; mi distrai e mi tocca dirti: “Si metta lì, La chiamo io”. Ai colloqui si arriva puntuali, non un minuto prima e non un minuto dopo: fa fede l’ora sullo smartphone, ormai nessuno usa più l’orologio.

Quelli che si vestono come capita, perché così si capisce la personalità - Se io vesto formale, è bene che il candidato (uso il maschile, ma vale per entrambi i sessi) vesta formale. Se io vesto formale, è perché l’azienda per la quale cerco un manager è formale, quindi se anche il candidato veste formale significa che ha capito (almeno) due cose: che l’azienda è seria e pure la selezione lo è. Ovvio che se cercassi una trapezista per il Cirque du Soleil e la candidata si presentasse in tubino nero, ci sarebbe qualcosa di sbagliato. Ma per posizioni di quadri e dirigenti, tailleur scuro e tacco 8 per le ragazze e giacca blu, camicia bianca e cravatta slim per i ragazzi, vanno sempre bene. Sarò âgée, ma non apprezzo la giacca con camicia senza cravatta, che pure ora va tanto. Meglio, comunque, di quel candidato che si è presentato in maglioncino blu: “Sa, io vesto casual, spero apprezzi la mia spontaneità”. La apprezzo al punto che, la prossima volta, il colloquio lo facciamo in un lounge bar, all’ora dell’aperitivo, così siamo in linea.

Quelli che provano a raccontare balle, e io li sgamo - Raccontare balle (o anche solo spararle troppo grosse) sul CV, è facile. Tenere il punto, quando davanti hai qualcuno che di colloqui ne ha fatti qualche centinaio più di qualsiasi candidato, è difficile. In colloquio si dice la verità tutta la verità, solo la verità, nient’altro che la verità, per due motivi: primo, perché se non è proprio inventata bene, qualsiasi selezionatore di esperienza se ne accorge; basta un’esitazione, uno sguardo sfuggente, una pausa... Durante il colloquio, io ho in mano CV e cover letter (con tutti i miei begli appunti ed evidenziazioni), il candidato no, e sapere a memoria un CV di tre o quattro pagine - verità e non-verità incluse - è difficile. Secondo, se l’hai fatta franca al colloquio, è probabile che ti becchi quando sto ricontrollando tutto per inserirti in short-list: basta una data sospetta e un controllo incrociato con LinkedIn, con FB o anche con Google News. Infine, chi racconta balle al sottoscritto rischia di brutto, perché - occupandomi solo di turismo - conosco praticamente tutti: se mi hai detto che con l’azienda xy ti sei lasciato bene, io chiamo il titolare di quell’azienda lì e scopro che hai scatenato l’inferno e messo in mezzo gli avvocati. Fine.

Quelli che non hanno studiato, e si capisce subito - Arrivare a un colloquio senza aver letto vita, morte e miracoli dell’azienda per la quale ci si candida è un errore grave. Molto grave. Perché induci chi ti esamina a trarre una conclusione definitiva: “Ah sì?! Questo lavoro t’interessa talmente tanto che non ti sei preso mezz’ora - sottratta alla Playstation o a scrollare Instagram - per sapere se l’azienda è stata fondata nel 2010 o nel 1990, e neanche se la proprietà è italiana o americana? Peggio per te”. I candidati che mi piacciono non solo si sono letti tutto, ma hanno anche approfondito: “Ho trovato una recensione negativa sul vostro luxury hotel di Parigi, quello aperto nel 2018: il GM però ha risposto alla grande, si capisce che la recensione era un fake”. Ecco, se c’è un modo per impressionare il reclutatore è stupirlo, dirgli qualcosa che non sa. Altro che arrampicarsi sugli specchi: “Avete anche una filiale in Libia, ho letto...”. Certo, ai tempi di Gheddafi.

Quelli che non hanno fatto il compito a casa - Quando seleziono la short-list da presentare al committente (solo tre o quattro candidati, tra i quali verrà scelto quello giusto; lista frutto di una decina di colloqui in presenza, di qualche decina di candidature ricevute e di molte giornate di lavoro) sto molto attento ad allegare CV corretto - da me - e cover letter esplicativa (appunto li voglio in formato .doc, come scrivevo). Ma da qualche tempo - quando il ruolo lo permette - aggiungo un “compito a casa”, ovvero un tema che assegno ai candidati migliori e che aggiunge elementi di valutazione per l’azienda. Per esempio, se cerco il General Manager di una catena alberghiera, gli chiedo: “Esponga il candidato le prime tre azioni (solo tre) che metterebbe in atto, una volta insediatosi come GM, per migliorare le performance degli hotel in termini di soddisfazione degli ospiti, riempimento delle camere e degli spazi eventi, ottimizzazione dell’attività dei resident manager e miglioramento delle relazioni con la proprietà". Chiaramente dò un limite (una cartella, massimo 2500 battute) e aspetto. Due volte su tre, il candidato che ha fatto il miglior “compito a casa” è quello che vince la selezione, anche non avendo il Cv migliore. Chi il compito a casa non lo fa, a casa ci torna. E se non ha studiato, ha messo il maglioncino, ha contato balle ed è pure arrivato in ritardo, a casa ci torna di corsa.

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