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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter
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Per uno che salta (Tui Italia), tre che vanno da dio (Musement, WeRoad e Travel Appeal)

Scomparso e fatto a pezzi Thomas Cook, Tui è diventato il tour operator numero 1 del mondo occidentale, dall’alto dei quasi 20 miliardi di euro di fatturato, nel 2019. Ma ad Hannover sanno che “il tradizionale business dei tour operator si sta rivelando volatile per l’intero settore” e che tagli dovranno essere fatti, a cominciare da Tui Italia (la ex Viaggi del Turchese), sulla quale cala il sipario. Ma non è tutto, perché i tedeschi sottolineano che “in Italia Tui continua a essere rappresentata da altre società controllate, come il fornitore di escursioni digitali Musement”. Ecco qui, morto un papa (tradizionale e analogico), se ne fa un altro (digitale e innovativo).

Questo post intende rispondere a due domande: il modello di business del tour operating tradizionale, quello integrato orizzontalmente e verticalmente, attivo su tutta la filiera, è morto? La risposta è si. Chi l’ha ucciso? La rete ovviamente, ma anche nuovi player che - con la filiera tradizionale - c’entrano poco. Ne elenchiamo tre.

Il primo, Musement, Tui se l’è comprato nel 2018 e la definizione sopra citata (“fornitore di escursioni digitali”) non rende pieno merito alla piattaforma on line di tour e attrazioni che Alessandro Petazzi e i tre soci milanesi hanno fondato nel 2013, prima alimentato con due cospicui round di investimenti e poi venduto a caro prezzo ai tedeschi. Ottimo esempio di come si possa soddisfare una domanda latente (le ormai stucchevoli “esperienze”, che nel 2013 non si chiamavano neanche così) e agganciare un mercato che vive su social e smartphone.

Social e smartphone, ovvero il mercato giovane (Millennials e Gen Z) e iperconnesso che WeRoad conosce bene, essendo una “community di viaggiatori, che fa partire tutto l'anno in gruppi omogenei per età e mood di viaggio alla scoperta di Paesi e culture lontane, ai quali piace l’avventura, il divertimento e vivere la cultura del posto” come recita la home page del sito, che raccomanda - ça va sans dire - di andare “sul gruppo Facebook per conoscere i tuoi compagni di viaggio!”. Un po’ Avventure nel Mondo versione III° Millennio. WeRoad appartiene alla holding milanese OneDay Group, guidata dal ceo e founder Paolo De Nadai e famosa per ScuolaZoo Viaggi, l’operatore fondato nel 2007 (quindi non l’altro ieri...) e specializzato in viaggi ed eventi per studenti. Giovani e studenti che - ça va sans dire anche qui - in agenzia di viaggi probabilmente non ci hanno mai messo piede.

Cito da ultimo Travel Appeal, leader italiano “nelle soluzioni di business intelligence e brand reputation management”, fondato a Firenze nel 2013 dal ceo Mirko Lalli. Mentre Musement e WeRoad vendono o producono prodotti turistici, Travel Appeal vende conoscenza, perché intende “aiutare il settore travel a districarsi tra tutte le informazioni disponibili in rete e rispondere alla nuova domanda e alle nuove esigenze del mercato”. In pratica, analizza i dati delle destinazioni e delle singole attività che ne fanno parte (hotel, b&b, ristoranti, musei, trasporti ecc.), comprese recensioni e conversazioni, allo scopo di misurare il “travel appeal” della singola struttura o dell’intera destinazione.

Cos’hanno in comune Musement, WeRoad e Travel Appeal? Tre cose: sono frutto di intuizioni di imprenditori che non sono nati agenti di viaggi o tour operator; considerano conoscenza e tecnologia come elementi fondanti del proprio business; metà dei loro dipendenti sono informatici o tecnici, l’altra metà ha meno di 35 anni. Tutto questo poteva essere fatto, più o meno, da un tour operator o da un’agenzia “tradizionali”? No, ovviamente. E Tui, almeno per uno dei tre, l’ha capito.

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