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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter
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Le 7 cose che ci portiamo a casa dal TTG Travel Experience di Rimini

Quando il turismo va bene, anche le fiere vanno bene e il successo del TTG Travel Experience 2018 ne è la prova. Chi conta c’era, e ha investito bene il suo tempo. Ecco le  7 cose che chi era a Rimini si porta a casa.

Il cambio di nome ha portato bene. Io ero affezionato allo storico TTG Incontri, ma capisco che - in un mondo ormai globalizzato - suonasse ormai obsoleto e provinciale. TTG Travel Experience mette l’accento sull’ 'esperienza', che è la parola d’ordine del momento, visto che di 'prodotto' e di 'destinazione' non si parla quasi più. Solo che, quando anche l’ 'esperienza' sarà passata di moda, toccherà cambiare ancora il nome.

Il ministro s’è fermato oltre il taglio del nastro. Di ministri del Turismo se ne sono visti tanti, a Rimini, negli anni scorsi: taglio del nastro con foto opportunity, due parole di circostanza e poi via, la folla aperta dai mastini della security. Sarà che è un collega e che in fiera c’è venuto da operatore, anni fa, ma Gian Marco Centinaio a Rimini si è divertito: “Sono molto contento, è andata benissimo, questa è una fiera che funziona. Tanti momenti di incontro, tanti operatori che vedono il settore in ripresa” ha dichiarato sorridente. Tra i suoi momenti d’incontro, anche quello - immortalato dai fotografi - col suo ex capo al Club Med, Giorgio Palmucci, in corsa per la poltrona di presidente della 'nuova' (ancora?) Enit.

Pochi questuanti in giro. Sarà che l’atmosfera era positiva e il settore sta girando bene, ma quest’anno di venditori di gadget cinesi / emettitori di polizze farlocche / distributori seriali di CV scaduti ne ho incontrati meno che in passato. Certo, di tipi da fiera se ne incontrano sempre: il salutatore seriale o il nostalgico catastrofista sono tipi duri a morire. Quelli rimasti, però, paiono più discreti e meno assillanti che in passato.

Gli stand importanti erano sempre pieni. Nicolaus e Gattinoni, Uvet e Bluvacanze, Welcome e Destination Italia, Msc e Air Italy, Alitalia e Trenitalia - tanto per citare i più popolari - sono stati sempre affollati, in tutti e tre i giorni della fiera. Alcuni perché all’ordine delle cronache, visto il rumore che hanno fatto il brand Valtur sotto le insegne Nicolaus degli inarrestabili Pagliara Bros. o l’esordio di Air Italy ex Meridiana, con la prima linea del management completamente rinnovata. Il successo di chi c’era ha messo il luce l’assenza di chi non è venuto. Sono nomi noti, e sono grossi. Non vedo come non si possa trovare budget per accogliere gli agenti in stand, anziché incontrarli sbrigativamente in un corridoio.

Fine del terrore internet vs distribuzione. Forse mi sbaglio, ma è il primo TTG nel quale non sento le solite lamentele su disintermediazione e multicanalità. Anni fa era abituale imbattersi in agenti di viaggi che compilavano liste di proscrizione verso i t.o. colpevoli: “Questo no perché l’ho trovato su Booking, quest’altro no perché ha confermato una quota gruppi a un mio cliente!”. Ormai tutti vendono tutto, è una realtà e c’è poco da fare. “Non ci si può permettere di non essere multicanali, sarebbe anacronistico” dice al direttore di questa testata Pier Ezhaya di Alpitour, che peraltro promette che cercherà “di essere più vicino ai bisogni della distribuzione”. Bene.

384 eventi in tre giorni. Pensavo meno, ma l’ho letto qui e ci credo: considerate 8 ore di manifestazione mercoledì e giovedì, e 7 il venerdì, fanno esattamente 16,7 eventi all’ora, ovvero un evento ogni 3 minuti e mezzo. Frequento fiere da trent’anni, ma questa densità non l’avevo mai sperimentata. Ho partecipato, su e giù dal palco, a una dozzina di appuntamenti, e ogni volta avrei voluto essere contemporaneamente da un’altra parte. Agli organizzatori resta un’opzione: diminuire il numero degli incontri (e delle sale ufficiali, 8 quest’anno) oppure provvedere al dono dell’ubiquità per i partecipanti.

Se l’Egitto va su, l’Italia va giù. “Che fine ha fatto l’euforia febbrile dello scorso anno? Gli annunci sull’ennesima stagione record? La corsa all’oro presso le strutture più disparate del sud Italia?” sottolinea un collega molto attento. Beh, quell’euforia febbrile non c’è più, perché il Mare Italia non è più quella terra di bengodi che è stata nell’irripetibile triennio 2016-2018. Io l’ho già scritto che la pacchia è finita, ma constatarlo di persona fa un certo effetto. E qual è la nuova terra di bengodi? Una vecchia, però redditizia come nessuno: il Mar Rosso. “Nel 2019 serviremo Marsa Alam da Malpensa, Bergamo, Bologna, Verona, Roma, e Sharm anche da Napoli e Bari” anticipa Stefano Pompili di Veratour, che apre anche due nuovi villaggi. Se l’Egitto tira, non ce n’è per nessuno. Ma siccome il prodotto (o l’esperienza, boh?) fa bene alle agenzie di viaggi, allora ben venga.

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