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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter
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Come far risuscitare un tour operator (morto, o in fin di vita)

È la notizia del giorno: dopo alterne vicissitudini, Ventaglio ritorna sul mercato guidato da Enzo Carella, ex manager di Bruno Colombo. In bocca al lupo a chi ci crede, sebbene il sottoscritto condivida il pensiero del direttore di questa testata, che l’anno scorso scriveva: “Ventaglio e il suo presidente Bruno Colombo sono stati fenomeni unici. Inutile lanciare sul mercato una copia sbiadita di quel brand. Lasciamo in pace Ventaglio”.

Pochi mesi fa il romano Andrea Rastellini, neo-presidente di InViaggi, ha rilevato il t.o. ternano dal fondatore Renato Martellotti e conta di rilanciare un brand reduce da un 2016 che l’ha visto sull’orlo del fallimento.  

Tra i “piccoli”, in ordine sparso: Nicolini Viaggi, bus operator bresciano, ha rilevato il bergamasco Turisberg. La gloriosa Utat Viaggi (fondata a Trieste, passata di mano svariate volte) è finita nel portafoglio del bresciano Caldana, altro bus operator. La famiglia Uva di Oltremare  T.O. ha inserito Caleidoscopio nel portafoglio, poi quotato in Borsa, di Caleido Group SpA.

Poi ci sono le operazioni più eclatanti: Investindustrial di Andrea Bonomi ha rilevato Valtur da Franjo Ljuljdjuraj, che l’aveva a sua volta ricevuta dai commissari straordinari, che l’avevano a loro volta recuperata dalla deficitaria gestione della famiglia Patti (e mi fermo qui). Alpitour ha acquisito il controllo di Press Tours prima e di Swan Tour dopo. La Eden di Nardo Filippetti ha rilevato Hotelplan Italia (e l’annesso brand Turisanda) dalla proprietà svizzera. L’altro giorno, Luca Patanè ha collocato nell’infinto portafoglio Uvet anche lo storico t.o. Settemari di Mario Roci.

È possibile far risuscitare un tour operator morto, o comunque in gravi difficoltà? Sì, a certe condizioni. Ecco le tre principali:

1) ci vuole un’idea chiara di cosa farne: quando un t.o. grande rileva un t.o. più piccolo, allora si parla d’integrazione orizzontale (tedeschi e inglesi lo fanno da decenni) e il lavoro è più facile; ma quando è un network a controllare un t.o., oppure un gruppo più composito (che magari fa pure altro), è più complicato. Gli obiettivi devono essere chiari, e gli occhi puntati su due cose soltanto: vendite e costi

2) ci vuole un management all’altezza: qui si scontrano due scuole di pensiero, chi lascia i manager che c’erano prima (Alpitour con Press Tours, Eden con Hotelplan - per il momento -) e chi rifà tutto da capo (Investindustrial con Valtur, con la neo-a.d. Elena David già sul pezzo); possono funzionare entrambe le cose, ma è fondamentale il ruolo del CEO / dir. generale incaricato dalla nuova proprietà: se è tosto, committed e riconosciuto dal mercato (oltre a conoscerlo come le sue tasche, ça va sans dire), allora la squadra sarà all’altezza e gli obiettivi ben perseguiti

3) ci vuole il fattore “c”: se rilevi un t.o. specializzato sul Mar Rosso e arriva la Primavera araba, sei sfigato e non c’è nulla da fare; se controlli un t.o. che - nella programmazione 2017 - ha dentro Egitto, Tunisia e magari pure Turchia, fatti qualche domanda. Ci vuole fortuna, quindi, ma anche intuizione. Perché se nel 2014/15 avessi fiutato l’aria e capito che il Mare Italia avrebbe avuto un boom, allora avresti fatto bene a trattare l’acquisto di Nicolaus o di OTA Viaggi; che però - buon per loro - in vendita non ci sono mai stati.

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