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Paola Tournour-Viron, divulgatrice per professione e per passione
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Anche se la cultura non è più parte del turismo. E viceversa

Solo una mente fertile come quella di Christian Greco poteva arrivare a immaginare l’estensione di un museo fisico ad uno spazio paesaggistico parallelo dove l’antico Egitto tornerà a vivere anche attraverso i suoi scorci panoramici. È l’ultimo sogno – cronologicamente parlando, s’intende - del direttore del Museo Egizio di Torino; un progetto filosofico ancor prima che scientifico, passato un po’ sottotraccia in occasione di un incontro con i media che aveva tutt’altro obiettivo.

L’appuntamento era infatti dedicato a un altro sogno, messo in cantiere nell’anomala primavera 2020 e divenuto realtà in meno di un anno, in barba a confinamenti e chiusure che non hanno arrestato l’attività del Museo. Una vera e propria sorpresa-regalo, insomma, che l’Egizio ha voluto offrire al proprio pubblico immediatamente prima della nuova serrata imposta dalla pandemia, per confermare che “anche se le porte sono chiuse, il museo è sempre accessibile”.

Dal 26 febbraio un nuovo virtual tour gratuito consente infatti la visita in remoto di due spazi gioiello: quello dedicato al villaggio artigiano e operaio di Deir el-Medina e quello riservato alla tomba di Kha, entrambi frutto degli scavi novecenteschi della Missione Archeologica Italiana nella terra del Nilo.

Proiezioni tridimensionali, foto d’epoca zoomabili fino al più minuscolo dettaglio, connessioni con i curatori, riprese endoscopiche di interni altrimenti inarrivabili non sono che alcune delle meraviglie già fruibili e che – via via arricchite - andranno a comporre quel “museo integrato” a cui punta Greco. Un avveniristico spazio di studio “dove – spiega - si potrà vedere anche ciò che altrimenti non sarebbe visibile”, perché cancellato dal tempo oppure distante o nascosto. “Un ambiente fisico e digitale per la ricerca e la formazione, in cui egittologi, studenti o semplici appassionati potranno trovare spunti nuovi e inediti”, precisa il direttore in pieno ossequio al volere dei padri costituenti, “che – come ama sottolineare - collocarono la cultura tra i dodici principi fondamentali della nostra Costituzione”.
Ma come si diceva, accanto al patrimonio storico e artistico dell’antico Egitto, il Museo si prepara ora a ‘conservare’ anche il paesaggio dell’epoca. Replicandolo.

Un piccolo assaggio di ciò lo si può avere da subito, passeggiando insieme allo stesso Greco – anche virtualmente – nelle sale dedicate alla tomba di Iti e Neferu affacciate su un autentico paesaggio nilotico del primo ‘900, tempo in cui la tomba fu riportata alla luce. Mi permetto tuttavia di sospettare che il direttore non intenda affatto limitarsi a questo.
Terremo quindi d’occhio quanto farà nei mesi che verranno, affinché le iniziative del museo torinese possano fungere da buona pratica anche per noi operatori del turismo e del territorio. E lo faremo con l’interesse di sempre, nonostante si sia stabilito che la cultura non è più parte del turismo, e viceversa. Un enigma per certi aspetti degno della Sfinge, che auspichiamo non lasci sul campo nuove vittime.

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