Ultimo aggiornamento alle 10:39

Viaggi di marketing

Paola Tournour-Viron, divulgatrice per professione e per passione
|

L'insostenibile pesantezza dell'aggettivo

Mi ci arrovellavo da qualche giorno, senza riuscire a trovare una risposta convincente: perché accade che film, fiction e libri si rivelino, per la promozione di un territorio, più efficaci di uno spot pubblicitario mirato? Più convincenti di uno sfavillante cartellone? Più persuasivi di una brochure colorata, patinata, superaccurata?

La risposta mi è piovuta addosso totalmente inaspettata e fuori contesto, grazie a Simona Baldelli, navigata autrice di teatro ed esordiente di successo nel mondo del romanzo. Non si conversava di turismo ma di narrazione. E le sue indicazioni sono state illuminanti. “Affinché una storia sia avvincente – ha spiegato – deve essere vera, onesta e necessaria, ma necessaria non a chi la racconta bensì a chi l’ascolta. Perché deve mettere in moto le emozioni”.

Fino a qui il “perché”. Ma il “come”? Baldelli me lo ha servito su un piatto d’argento: attraverso la soppressione dell’aggettivo. ‘Bello’, ‘tranquillo’, ‘panoramico’ e tutti i loro equivalenti non sono che termini solo sommariamente indicativi di uno stato, insufficienti a tracciare solchi emotivi. Se invece inneschiamo il processo inverso, e partiamo dalla descrizione delle sensazioni evocative dell’aggettivo stesso, allora la storia scivola piano piano nell’intimo di chi ascolta. Esempio: la proposizione “il pane era buono e dolce” Baldelli la rende così “(…) Prese una fetta di pane, l’annusò e diede una leccata allo zucchero. Assaporò lentamente il gusto dell’impasto e sgranò gli occhi con un’espressione di piacevole stupore”. Voilà.

Questo, esattamente questo, fanno pellicole e testi nati per rapire lo spettatore o il lettore: lo catapultano a capofitto nella storia, in prima persona, innescando reazioni immediate e spontanee. Senza aggettivi imposti.

Al contrario, con la sua impietosa somministrazione di attributi iperinflazionati e logori, la narrazione turistica – in qualunque forma si esprima – rimane pervicacemente aggrappata al racconto didascalico,  reperto d’antiquariato ormai destinato a platee di spettatori apatici perché forzatamente tenuti fuori da insipide storie replicate in ciclostile.

Ora: non so se sia questa la considerazione che ha recentemente indotto l’Isola d’Elba ad affidare il restyling della propria brand image a un fantasy a puntate multilingue ma, da spettatrice, posso garantire che percorrerne borghi, musei e scogliere al seguito della reincarnazione di Napoleone, condividendone trepidazioni, turbamenti e colpi di scena è assai più suggestivo e appassionante che guardare un promofilmato o leggere una brochure in cui ogni scorcio si prefiguri obbligatoriamente ‘incantevole’, ‘indimenticabile’, ‘mozzafiato’. Un ‘must’ diffusamente reputato ‘irrinunciabile’ nonché, ahimé, ‘senza soluzione di continuità’.

Leggi anche: elba
/* */

TI INTERESSA QUESTA NOTIZIA? ISCRIVITI A TTG REPORT, LA NEWSLETTER QUOTIDIANA


I blog di TTG Italia non rappresentano una testata giornalistica poiché sono aggiornati senza alcuna periodicità. Non possono pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001. Le opinioni ivi espresse sono sotto la responsabilità dei rispettivi autori

Torna su
Chiudi