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L’offensiva dei brand sugli alberghi italiani: cosa succede nel mondo luxury

di Cristina Peroglio

La notizia della settimana per l’industria dei viaggi di lusso italiani è sicuramente il passaggio di insegne che interessa i due hotel iconici della Costa Smeralda. Dal 2024, il Romazzino passerà sotto le bandiere di Belmond, cambiando anche parzialmente nome (Romazzino, Belmond Hotel, Costa Smeralda) mentre nel 2026 sarà il turno del Pitrizza, che diventerà Cheval Blanc Pitrizza, Costa Smeralda.

I dettagli dell’accordo e della trasformazione li leggerete in questa newsletter in un articolo dedicato, ma certo questa notizia è la rappresentazione plastica di un fenomeno che sta coinvolgendo l’Italia: i grandi brand internazionali si sono affacciati al di qua delle Alpi e stanno iniziando a occupare spazi, e a mettere le loro bandiere sui ‘gioielli della corona’.

Si può obiettare che, certo, i due hotel smeraldini erano già inseriti nel mondo delle grandi catene: tutti e due era infatti Marriott Luxury Collection, ma il cambio di casacca è comunque in segnale che qualcosa sta cambiando in tutta la Penisola.

“La pressione dei player globali sull'Italia non è mai stata così evidente e sono impressionanti i numeri relativi ai brand presenti: alla chiusura del censimento si contano 152 brand internazionali presenti in Italia; erano 'solo' 75 appena dieci anni fa, una crescita del 100 per cento” recita l’ultima indagine di Thrends, pubblicata solo qualche giorno fa.

Nomi e cognomi
Sta succedendo, e sta succedendo anche in fretta. Nell’ultima settimana, accanto al colpo di LVMH in Sardegna è arrivato anche l’annuncio che il Grand Hotel Convento di Amalfi (nella foto) è passato sotto le bandiere di Anantara, che nel 2021 è arrivata in Italia con Palazzo Naiadi a Roma.

E ancora, pochi giorni fa Mandarin Oriental è sbarcato in Puglia con le sue Exclusive Homes, e ha in progetto un’apertura a Roma. Rosewood aprirà Roma, poi Venezia e ancora Milano; Bulgari arriva a Roma a giugno; Marriott con i W dopo Roma, è pronta a aprire due indirizzi a Milano e uno a Napoli, e Six Senses sta per lanciare Roma, e poi Antognolla.

Questo solo per citare le ultime notizie, ma è evidente che l’hotel italiano a ‘gestione familiare’ sta per diventare un fenomeno sempre più raro.

Gli spazi
L’arrivo delle grandi firme, quasi tutte rivolte al segmento alto di gamma, fa sorgere il dubbio che non ci siano più spazi di manovra in una realtà come quella italiana.

Sicuramente le grandi città d’arte sono ampiamente inflazionate, ma, come dice Claudia Bisignani, head of hotels & hospitality di JLL Italia, “mercati storicamente meno attenzionati dai principali investitori nazionali ed internazionali oggi rappresentano ulteriori mercati di interesse, sia per la dinamicità di molte città secondarie che per i più elevati rendimenti raggiungibili” e cita fra le altre città di espansione Verona, Bologna, Torino, Napoli, Catania. Si sta disegnando, quindi, una nuova mappa d’Italia per il viaggi di lusso.

Non solo: anche nelle grandi città gli spazi ci sono. Emmanuel Sauvage, amministratore delegato e cofondatore del Gruppo Evok, lo raccontava a TTG Luxury qualche settimana fa commentando la prossima apertura del gruppo a Venezia, proprio di fronte al Bauer, passato nelle mani di Rosewood. “Le riqualificazioni in corso – diceva - prevedono una diminuzione del numero di camere: gli spazi ci sono”. E in effetti, sempre l’indagine di Thrends indica che in 10 anni la dimensione media degli hotel di catena è passata da 110 camere a 100, a favore di maggiori spazi sia nelle room che nelle aree comuni.

Omogeneizzazione e dintorni
Si ipotizza una omogeneizzazione dell’offerta, in difesa dell’autenticità dell’ospitalità tricolore. A chi teme il ‘dominio del rattan’ (per intendere un materiale e un design tipico di una certa ospitalità di alto livello piuttosto uniforme, ndr) vale la pena ricordare che alcuni standard di accoglienza sono utili anche nella lussuosa tradizione dell’ospitalità italiana.

Se è vero, come è vero, che ad oggi si fatica, in certe aree, a trovare hotel lusso che siano in grado di fornire cibi adeguati a gruppi di facoltosi turisti arabi, forse la discesa in forze dei brand internazionali può essere una buona cura per favorire la crescita di tutti.

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