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Battaglia alle low cost, le ragioni delle major

di Amina D'Addario

Da una parte gli scali congestionati, dall'altra le compagnie nazionali sottocapitalizzate che subiscono l'avanzata apparentemente inarrestabile delle no frills.

Questo lo scenario del trasporto aereo italiano emerso da un seminario di settore organizzato alla Luiss Business School di Roma. A scorrere le voci dei protagonisti un dato è ormai certo: alla fine il nemico da combattere è sempre lo stesso e porta il nome di low cost. Un avversario che secondo il presidente di Blue Panorama, Franco Pecci, è disposto a tutto. Anche a rinunciare alla marginalità, pur di accaparrarsi la leadership del mercato.

“Più che al profitto - spiega Pecci - queste compagnie sono interessate ad acquisire traffico e ad avere in mano un mercato senza concorrenti nel quale poter poi aumentare le tariffe”. Una strategia che ha finora costretto l'aviolinea all'uscita “necessaria” dalle tratte siciliane e all'apertura di nuove rotte sull'intercontinentale: “È impossibile competere con una compagnia che vende biglietti a 19 euro a tratta, quando - commenta Pecci - ne vengono pagati 28 solo di tasse. Basterebbe - aggiunge - non creare dumping nel mercato”.

Valuta altri effetti sul mercato l'amministratore delegato di Meridiana. “Da un lato - sottolinea Roberto Scaramella - è giusto riconoscere che Ryanair ha portato tanti passeggeri in Italia, ma dall'altro ha depresso la percezione della compagnie aeree”. Che, rileva, devono ora fare i conti con l'opinione diffusa che viaggiare in aereo “è diventato ormai una commodity e che si possa volare al prezzo di un taxi o anche meno”.

Critico anche l'intervento del numero uno di Air Dolomiti, Michael Kraus, che si scaglia questa volta contro il comportamento ambivalente di “chi fa pagare le tasse sugli scali, mentre concede aiuti ad altre compagnie, magari sulle stesse destinazioni”. Un atteggiamento che secondo Kraus prova che nel nostro Paese “una vera piattaforma industriale nel settore non c'è”.

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