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Low cost vs major: ecco perché per gli aeroporti non c'è differenza

di Amina D'Addario

È ancora attuale la distinzione tra low cost e compagnie aeree cosiddette tradizionali? Per molti i confini tra i due modelli di business non sono più così netti. Sia perché le major hanno adottato ormai da tempo formule light e sistemi per aumentare i ricavi ancillari, sia perché le cancellazioni dei voli che in questa stagione stanno dilagando negli aeroporti europei riguardano tutti i tipi di vettore, nessuno escluso.

Il punto di Sacbo
Il primo a credere che i confini non abbiano più senso è Emilio Bellingardi, direttore generale di Sacbo, la holding che controlla lo scalo di Bergamo: “Sono abbastanza stanco di questa continua definizione di low cost. Credo che in Europa il modello di business del trasporto aereo sia definitivamente cambiato e che quello che c’era prima non ci sarà più. L’unica differenza riguarda le compagnie che gestiscono il traffico intercontinentale, che devono per forza diversificarsi sui servizi. Per il resto sotto il profilo tariffario, dell’approccio e del modello di servizio non credo ci sia più alcuna differenza”.

La visione di Adr
L'ad di Aeroporti di Roma, Marco Troncone, sottolinea che in questa fase di ripresa sono proprio le no frills a dimostrare una maggiore velocità nel ripristinare i collegamenti aerei. “A livello di aeroporti europei, chi oggi è in grado di rispondere con maggiore agilità alle opportunità di crescita sono le low cost, sia per la rapidità di messa terra di nuovi aerei, sia per l’attrattività sotto il profilo del costo. Il mercato delle low cost è molto vivace e questo lo stiamo vedendo anche su Roma. Anche se - aggiunge - come Adr non abbiamo politiche che favoriscono un tipo di aerolinea piuttosto che un altro. Siamo assolutamente orizzontali nelle nostre relazioni”.

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