Ultimo aggiornamento alle 15:26
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Da ‘Flight Shame’
al popolo 'No Flight':
il rebus più difficile
per il trasporto aereo

di Lino Vuotto

Si chiamano ‘No Flight’ oppure ‘Flight Shame’. E altri gruppi e sigle sono destinati ad arrivare, come sempre avviene quando nascono nuovi movimenti o tendenze. Cosa hanno in comune? L’ostracismo nei confronti dei voli.

Nulla a che vedere con la paura di volare, sia chiaro. Ma una presa di posizione chiara e precisa su base etica. Chi segue queste realtà rifiuta di volare per limitare l’impatto sull’ambiente preferendo mezzi quali il treno, laddove è possibile, oppure rinunciando a un viaggio se si può arrivare solo in aerei. I più estremi anche se si tratta di un viaggio di lavoro. Una scelta di campo, insomma.

Nuovi studi
Difficile per ora capire quale impatto questi movimenti potranno avere sull’industria del trasporto aereo, già alle prese con un anno difficile. E comunque a sua volta impegnata a limitare le emissioni con investimenti in aerei più moderni. Certo è che per la prima volta il settore si trova ad affrontare un problema di difficile soluzione. Tanto più se poi spunta la notizia che le scie lasciate dagli aerei in volo potrebbero aumentare in maniera sensibile il riscaldamento globale. Che se confermata costringerebbe le case costruttrici a rivedere i piani in corsa.

E c’è chi intanto ha iniziato a cavalcare l’onda usando l’ironia. È il caso di Klm che ha messo in campo una campagna nella quale invita i clienti a usare il treno se c’è l’opportunità. Così si inquina meno. Autolesionismo? Forse bisogna solo attendere la seconda parte dello spot. Vedremo.

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