Ultimo aggiornamento alle 08:36
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Alitalia, il tempo stringe

di Lino Vuotto

Un sì apparso tiepido e un no deciso. È successo tutto in poco più di 48 ore: tra domenica e lunedì scorsi il piano Alitalia-Fs è andato incontro a un brusco cambiamento rispetto ai programmi della vigilia. Il tutto sotto il segno di un pesante ridimensionamento della componente dei partner industriali easyJet e Delta: fuori dai giochi ufficialmente la prima e con una presenza nettamente più ridotta rispetto ai pronostici la seconda.

I fatti
Ricapitolando quanto successo in ordine cronologico, la missione dell’amministratore delegato di Fs Gianfranco Battisti negli Stati Uniti si era conclusa con un primo sì da parte del vettore Usa, che sarebbe ora pronto a entrare con il 10 per cento delle quote e una ‘promessa’ di raddoppiare in una seconda fase.

Il no secco (previsto)
Il sospiro di sollievo però è durato poco e nel giro di poche ore quelle che erano state ventilate come differenze di vedute se non addirittura di attriti (sull’asse Gran Bretagna-Stati Uniti) hanno trovato conferma nel breve comunicato easyJet di ieri: fine dei giochi, la compagnia low cost esce di scena, lascia a Governo e Delta la palla e prosegue per le propria strada.

Ora le incognite
Morale della favola, la strada davanti alla Nuova Alitalia torna ora tutt’altro che in discesa. Perché se è vero che da una parte è arrivata una certezza (Delta) dall’altra sono aumentate le incognite su chi si accollerà la parte delle quote che non andranno dove si sperava. Le ultime illazioni parlano di Ferrovie dello Stato che salirebbe al 40 per cento contro il precedente 30, il Mef confermato al 15 con la conversione di una parte del prestito ponte e probabilmente un altro 15 passerebbe a Fincantieri. Poi solo ipotesi e nessuna certezza. Se non quella che l’immagine attuale della futura Alitalia assomiglia tanto a quella di una compagnia di nuovo nazionalizzata.

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