L’Europa non fa bene ad Etihad. I risultati degli investimenti nel Vecchio Continente del vettore di Abu Dhabi si stanno ripercuotendo sui conti dell’intera azienda. Che ora affronta una delle sue stagioni più difficili. Per chiarire la situazione della compagnia ci si potrebbe limitare a citare due recenti notizie: i piloti ‘affittati’ all’eterno rivale Emirates e il piano di ristrutturazione, che ha messo in allarme anche i sindacati italiani.
Ma tutto questo non basta a spiegare perché una compagnia che, in passato, è stata in grado di conquistare la ribalta del mercato internazionale nel giro di una manciata d’anni ora si trovi in debito d’ossigeno.
La campagna d’Europa
Eithad era arrivata in Europa pronta alla conquista. Non sembrava mancarle nulla: i fondi, l’ambizione, la capacità di crescita. Aveva dimostrato di essere in grado di affermarsi rapidamente sul mercato. E sembrava non esserci ragione per cui la sua strategia non dovesse risultare vincente anche nel Vecchio Continente.
La storia, però, andò diversamente: dopo un periodo di crescita, gli investimenti della compagnia in Europa iniziarono a sgretolarsi. E, nel giro di pochi mesi, aveva dovuto abbandonare tutte le ‘bandierine’ piazzate nei vari stati.
Come un tragico domino, nel giro di pochi mesi le compagnie europee su cui aveva investito Etihad avevano dovuto affrontare due fallimenti (airberlin e Darwin Airline) e un commissariamento (Alitalia).
I tre ‘k.o.’ si erano verificati tutti nel 2017. E gli echi si sono sentiti ancora nel 2018. A marzo, il vettore aveva annunciato l’uscita dalla flotta di 16 aerei.
Ora le nuove notizie non spostano il barometro dei conti verso il bel tempo. Le cifre di Etihad sono ancora sotto stress e la compagnia sta tentando manovre di emergenza. Nella speranza di riconquistare quota.
