Ultimo aggiornamento alle 12:23
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Il grido d’allarme
di 70 tour operator:
“Stiamo morendo”

La filiera del turismo organizzato è in subbuglio per cercare di intervenire su una situazione di gravissimo disagio. L’ultimo grido d’allarme è quello lanciato da una settantina di tour operator italiani specializzati in turismo al di fuori dei confini europei, che unisce le forze per portare l’attenzione su un comparto ancora più ampio che sta vivendo una crisi profonda.

La situazione
Stiamo morendo - si legge nella nota diffusa dal gruppo -. I viaggi per turismo verso destinazioni extra Ue non verranno aperti nell’immediato. Se tutto va bene, se ne riparlerà in autunno ma la sensazione è che si vada avanti fino alla fine dell’anno”.
Il turismo “È ripartito sul territorio nazionale per determinate località e realtà. Sono ripartite le prenotazioni su Airbnb o Booking che sono gruppi che pagano le tasse all’estero e non in Italia, quindi al nostro Paese lasciano nulla. Sicuramente alcune strutture ricettive italiane, i ristoranti o i locali all’aperto sono tornati al lavoro e molti di loro sono sold-out per la prossima estate ma questo non significa che il turismo si sia ripreso – spiega Alessandro Simonetti, titolare di World Explorer e tra i numerosi nomi del gruppo -. Il comparto turistico riprenderà seriamente a fatturare quando torneranno i viaggi organizzati e intermediati, non certo a fronte del  fai-da-te attuale. Sono 16 mesi, dall’11 marzo 2020 precisamente, che non lavoriamo e non facciamo una pratica. Ed è bene spiegarla chiaramente questa cosa”.

Le mete 'aperte'
“Chi sta andando alle Maldive, in Messico o ai Caraibi – prosegue la nota -  lo sta facendo contravvenendo alle disposizioni ministeriali; i viaggi consentiti sono solo quelli realizzati in ambito Ue, verso gli Stati parte dell’accordo di Schengen, Regno Unito e Irlanda del Nord, poi, ancora, Andorra e Principato di Monaco e Israele. A questi, uniamo un numero di Paesi di fascia D: Ruanda, Repubblica di Corea, Giappone, Singapore, Thailandia Canada, Stati Uniti d'America Australia, Nuova Zelanda, fermo restando che gran parte di questi sono tutt’ora chiusi ai flussi turistici”.

Strategia europea
“Stiamo rifiutando pratiche importanti proprio per attenerci alle disposizioni che vengono dal ministero della Salute e dell’Interno ma adesso siamo arrivati alla fine” conferma Simonetti.
La levata di scudi dei t.o. comprende realtà con giri di affari che vanno dal milione ai 10 milioni di euro all’anno in epoca pre-Covid, non abbastanza grandi da sostenere ancora per molto questo scossone. E che oggi, se proprio non è possibile avere un calendario oppure delle disposizioni che regolino la riapertura delle frontiere, vorrebbe che il Governo italiano si allineasse agli altri Paesi europei in materia di viaggi fuori Ue. E che provvedesse a nuovi stanziamenti per consentire al comparto di sopravvivere.

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