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Pacchetti di viaggio e un business model da ripensare: t.o. alla prova

di Oriana Davini

"Il pacchetto di viaggio è morto, lunga vita al pacchetto di viaggio"! Dopo il fallimento di Thomas Cook, il New York Times ha pubblicato un articolo nel quale si chiedeva se i pacchetti di viaggio, core business del tour operating, avessero ancora senso e quanta parte la crisi di questo prodotto avesse avuto nell'accelerare la debacle del t.o. inglese. La risposta arriva dalla Bto: i pacchetti di viaggio non sono morti, ma devono cambiare pelle per adeguarsi alle richieste di mercato.

"I pacchetti tradizionali hanno perso appeal su una certa fetta di mercato, ma la mantengono su un certo tipo di clientela - spiega Andreas Schrader, strategy officer di Fareportal ed ex a.d. delle attività internazionali online di Thomas Cook -: è un prodotto dove ci sono aspetti da difendere e altri da cambiare".

Un nuovo modello
Di sicuro, prosegue il manager, "sta cambiando il business model dei t.o.: l'arrivo dei vettori low cost ha ampliato il numero delle destinazioni facilmente raggiungibili, modificando anche l'approccio delle persone alle vacanze". E sulle vendite online, "Google gioca un ruolo fondamentale".

Cosa c'entra questo scenario con i pacchetti? Secondo Gaetano Stea, direttore commerciale Nicolaus-Valtur, "servono nuove strategie. Il fallimento di Thomas Cook, il ritiro di Tui dall'Italia e la notizia dello stop di Air Italy significa che anche grandi gruppi con capitali stranieri solidi possono sparire da un giorno all'altro".

Serve dinamicità
Come riorganizzare il lavoro del t.o., quindi? "Oggi serve essere dinamici, maggiore cooperazione tra voli charter e linea, combinare il modo di vendere delle Ota con quello dei to tradizionali. Soprattutto serve puntare su qualcosa in esclusiva".

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