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Terremoto Thomas Cook:
cosa dicono i tour operator

di Gaia Guarino

Il caso Thomas Cook si sta dimostrando un vero e proprio terremoto all'interno del settore turistico. Un'eco che arriva dalla Gran Bretagna e che inevitabilmente coinvolge anche il mercato italiano. Quanto sta accadendo in questi giorni, è soltanto la punta dell'iceberg?

ancora presto per vedere le ripercussioni, dovremo aspettare i prossimi mesi", commenta Gaetano Stea, direttore commerciale di Nicolaus. "All'estero il colpo accusato è stato forte e ancora non si conosce la portata dell'intera situazione. A livello globale - prosegue - vi saranno quasi sicuramente delle acquisizioni di market share da parte di altri gruppi". Un fallimento definito epocale, forse il più imponente dopo quelli delle compagnie aeree americane degli anni '80 e '90. Uno scenario triste per l'industria dei viaggi, che danneggia tutti coloro che avevano creduto nel gruppo Thomas Cook.

Un'occasione di autocritica
"Entrare nel merito senza conoscerne ogni dettaglio è difficile", dichiara Ezio Birondi, a.d. di Settemari. "Questa vicenda però deve farci fare autocritica e far capire a tutti noi che non basta essere grandi se poi si rimane lontani dalle esigenze di mercato". "Tutto ciò va a compromettere la bontà della filiera, a partire dai t.o., passando per i network e dunque le adv", aggiunge Alberto Alberi, responsabile travel experience di Gattinoni.

La caduta del modello classico
Thomas Cook come icona di un modello obsoleto che non si è evoluto. Il crollo di uno schema classico ritenuto per troppo tempo indistruttibile. "Chi ha parlato di un problema nella distribuzione ha sbagliato", sottolinea il ceo di Bluvacanze Domenico Pellegrino. "Il nodo sta nel modello di prodotto, occorre maggiore trasparenza da parte di t.o. e adv nei confronti del consumatore".

Secondo Maurizio Casabianca, direttore commerciale di Naar Tour Operator, un altro grosso errore arriva sul fronte della comunicazione e di chi, non conscendo il settore, ha banalizzato il tutto facendo accostamenti con nomi italiani ben lontani dalla realtà di Thomas Cook. "Per dimensioni e volumi si tratta di un operatore difficile da sostituire - dice -. I fornitori coinvolti sono troppi e bisognerà vedere come reagiranno al danno economico. Ma tra i vari aspetti negativi, occorre intravedere anche delle opportunità come magari vendere con una marginalità diversa. Il business è business".

Il fattore umano
A esprimersi con sincero dispiacere è il chief operating officer di Air Italy, Rossen Dimitrov. Qui il fattore umano la fa da padrone. "Conosco Thomas Cook fin da bambino, conosco persone che per quest'azienda hanno lavorato e non importa se siamo competitor, a fine giornata siamo tutti parte della stessa famiglia". Una perdita per i clienti, per l'intera filiera, un saluto molto triste quello della crew di Thomas Cook durante l'ultimo volo operato. "Purtroppo il business è cambiato - conclude - quando un big player esce di scena è un brutto momento e non resta che accettare l'impatto a catena che ne potrà seguire".

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