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Turismo spaziale: il pensiero differente di un vero astronauta

di Gaia Guarino

Il turismo spaziale affascina i comuni mortali. E se Virgin Galactic sembra sempre più vicina ai primi tour stellari con liste di prenotazione piene di nomi illustri, è interessante capire il punto di vista di chi nello spazio ci è andato veramente e non in vacanza.

In occasione della Brand USA Travel Week in corso a Londra, a raccontare a TTG Italia la propria opinione è John B. Herrington, il primo astronauta nativo americano, selezionato dalla Nasa nel 1996 e parte della missione STS-113 del 2002 a bordo dello Shuttle.

"L'idea di portare i turisti nello spazio è puro business - commenta - .Vi sono persone disposte a pagare cifre esorbitanti pur di avere qualcosa da raccontare. Immaginate la possibilità di essere a una festa e vantarsi di essere un astronauta?".

Chiarisce che come vi è gente che spende i soldi per un safari, vi è gente che impazzisce all'idea di andare in orbita anche solo per pochi minuti. "Quando parliamo di space tourism - aggiunge - dobbiamo ricordarci della sicurezza. Magari tra cent'anni ci arriveremo".

Quello che al contrario ritiene urgente è investire sui normali collegamenti aerei. "Implementare la velocità dei voli nell'aviazione civile mi sembra un obiettivo sicuramente più concreto e destinato a molti, non solo a un'élite privilegiata". La tecnologia, ci tiene a sottolineare, andrebbe applicata prima di tutto per migliorare la vita sulla Terra.

E se gli si chiede cosa ne pensa di alieni e film ambientati a bordo delle navicelle risponde: "Alieni? Sono quasi certo che ci sono o ci sono state altre forme di vita simili alla nostra nell'universo. Riguardo ai film, cito 'Gravity'. La vista del nostro pianeta dallo spazio è ricreata abbastanza bene, anche se dal vivo è molto meglio!".

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