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Mercato cinese:
cosa manca all'Italia
per vincere

di Cristina Peroglio

Che l’Italia sia una delle destinazioni lungo raggio più desiderate dai cinesi, è un dato assodato, complici la moda, i grandi marchi e la fama che il nostro Paese ha nel mondo.

Dovremmo quindi dominare la graduatoria almeno europea degli arrivi cinesi, e invece “nel 2015, malgrado Expo, probabilmente non siamo arrivati neppure a 1 milione e 800mila arrivi. È ovviamente una stima, visto che dati ufficiali non ce ne sono, e questo fa capire meglio di ogni altra cosa il perché non abbiamo una penetrazione adeguata su questo mercato così imponente”.

A spiegare cosa è stato fatto e quanto invece non è stato fatto per portare in Italia una fetta consistente dei 120 milioni dei cinesi che viaggiano oltreconfine è Giancarlo Dall’Ara, esperto del mercato.

“Abbiamo un atteggiamento superficiale nei confronti di questo bacino – spiega -. Basta vedere come trattiamo al questione dei visti turistici: mentre Francia e Uk hanno velocizzato le pratiche, tanto da consegnare un visto in 24 ore su questo mercato, l’Italia non ci pensa neppure. Per non parlare dei visti lunghi o multipli, che la Gran Bretagna ha appena lanciato sulla Cina”.

Un atteggiamento che blocca i potenziali flussi. “Almeno le riforme che non costano nulla facciamole!” insiste Dall’Ara, che sottolinea come una politica più attenta su questo fronte, insieme alla proposta di un prodotto più articolato “che vada incontro a quelle che sono le vere esigenze del turista cinese, potrebbe portare a significativi aumenti sui numeri di arrivi e presenze.

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