La fiera della vanità? C'è poco di che essere vanitosi in questo scorcio di fine 2013, già con l'animo proteso alla prossima stagione con tanti punti interrogativi nella mente.
Certamente c'era, e non c'era, tanta umanità.
Un genere umano-turistico diviso in categorie. E anche le aspettative erano diverse.
C'era chi non c'era perché ormai è deluso e rassegnato, se non sdegnato da una situazione immobile o che volge al peggio.
C'era chi non sapeva con chi è perché parlare, c'era di aveva tante aspettative, chi desiderava novità e chi si limitava a baciare chi conosceva, dicendo che avrebbe fatto, avrebbe visto, avrebbe scritto.
"Avrebbe", in un tempo presente di un modo condizionale che non mi piace, insieme a "si potrebbe" è un modo di dire che non sopporto, o si può o non si può o si fa o non si fa.
E forse più che in ogni altra edizione questa era la fiera del "fare". Poco tempo richiede di concentrare le visite, e chi ho visitato, prevalentemente, mi ha detto "Salvo, è strano, c'è meno gente del solito, ma tutti quelli che vengono vogliono 'fare' qualche cosa, non importa cosa, ma vogliono 'fare'"
Ed è così infatti, c'è chi non è andato in fiera con la domanda "che cosa" altri stanno facendo, ma con la domanda "con chi" parlo per fare quello che penso di fare.
È una nuova frontierland, in quel contesto di riorganizzazione, frantumazione e ristrutturazione del mercato, c'è chi cerca di trovare il proprio spazio, la propria terra promessa, sulla frontiera del successo o quantomeno della sopravvivenza.
La bandierina è stretta in pugno e i cavalli scalpitano, la gara è partita da un pezzo chissà chi se ne sarà accorto?!?