Ultimo aggiornamento alle 08:04
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Intervista del direttore
Noschese: “Il modello
di business non sarà
più quello di prima”

di Remo Vangelista

Preparato, ambizioso e con un occhio sempre proiettato verso il futuro. Palmiro Noschese è un manager che studia e cerca di capire dove andrà a finire questo complesso e affascinante mondo alberghiero.

In questa intervista con Turismo d’Italia racconta la sua esperienza, il passato da manager di alto livello, la nuova vita e il piacere di dialogare con il mercato attraverso il suo blog.

Parlare di alberghi e albergatori non è facile in questo momento. Bisogna però capire che cosa hanno vissuto negli ultimi due anni. Si riprenderanno?
Intanto dobbiamo dire che in questi due anni il mestiere dell’albergatore è cambiato. Perché chi ha accettato la sfida si è visto costretto a trasformare la professione. Ma oggi ha una carta vincente in mano. Per andare avanti serviranno sempre più trasformazione e adattamento.

E gli altri?
Non sappiamo quanti ma è certo che una parte si è accontentata di sostegni e cassa integrazione. Questi non avranno molte carte da giocare. Credo sia necessario uscire dalla confort zone, anche se in questa fase può sembrare strano dire una cosa del genere. Ma è l’unica via.

Nelle grandi città molte strutture non hanno riaperto. Cosa lascerà questa lunga pandemia?
La realtà dei fatti è nota, perché, se guardiamo Roma e Milano, possiamo dire senza dubbio che una parte non ha ancora aperto. A Milano amici imprenditori viaggiano con tassi di occupazione del 20%. Ma dove vogliamo andare? Fanno salti mortali e non bastano. Pochi giorni fa ero a Roma in un hotel di lusso per lavoro e anche in questo caso le camere occupate non superavano le 20 unità.

Perché allora tenere aperti i battenti?
Per esempio perché aprire e chiudere a seconda del periodo non è conveniente sotto alcuni aspetti, immagini il lato organizzativo. A volte si perdono soldi, ma è l’unica strada per presidiare quel poco di market presente.

In questa fase ammetterà però che non è semplice parlare di rinnovamento. Più facile vendere l’albergo?
Senza dubbio il modello di business non sarà mai più quello di 2 o 3 anni fa. Serve rinnovare il team ma allo stesso tempo bisogna pensare a manager e albergatori con un approccio diverso. Ma negli ultimi mesi mi pare di assistere a un sussulto di orgoglio perché sbocciano esperienze diverse.

Mentre i fondi piombano in forze sulle piazze d’Italia alla ricerca di occasioni. Continuerà anche nel 2022?
Credo proprio di sì. Personalmente ho contatti con fondi di investimento che hanno intenzione di acquistare in Italia. Ma non è tutto semplice perchè chi vende si basa sul giro d’affari del 2019 mentre la finanza che mette il denaro chiede di vedere i numeri del 2020 e 2021. Così si crea la distanza tra le parti.

Quindi nel 2022 cosa vedremo?
Al momento vedo trattative avanzate su alcune strutture di rilievo e penso che assisteremo a una stagione di transazioni.

Mestiere complicato il manager d’albergo?
Sempre di più, perché arriviamo da due anni che hanno lasciato cicatrici anche sul lato sociale. Tanti dirigenti hanno cambiato settore perché il turismo si è fermato per tanto tempo. Inevitabile.

Chi rimane ha una grande responsabilità anche con il team. Cosa deve fare per reagire?
Deve saper educare il team e trascinarlo con la giusta competenza. Cercando anche di condividere gli obiettivi, che non vuole dire allentare le attenzioni per il consenso. Ma impegno da parte di tutti. In Italia dedichiamo poco tempo alla formazione.

Non crede che in Italia vi sia una certa penuria di manager di livello?
Concordo, vedo da tempo questa sofferenza. Manca anche un certo tipo di cultura e poi non dimentichiamo che la nostra generazione si è formata sul campo. Cosa oggi più complicata rispetto al passato.

E sul fronte degli imprenditori nota qualche differenza rispetto a un tempo?
Vedo che le ambizioni in generale si sono affievolite, non tutti per carità. Ma una parte ha diminuito le attese. Forse anche nel passaggio generazionale delle strutture di famiglia si perde lo slancio.

Non facciamo discorsi da anziani… I giovani vanno lasciati liberi di sbagliare, non crede?
Non vorrei essere frainteso. Io credo nei giovani e sottolineo sempre che abbiamo molto da imparare da loro. Sono una generazione digital che ha bisogno di esprimersi senza troppi freni. Il mio riferimento generazionale è un tema diverso.

Cosa pensa del piano ambizioso di Th Resorts?
Direi che Th ha le carte in regola per diventare il punto di riferimento nazionale, a patto che metta in campo una mentalità nuova. Bisogna guardare e analizzare gli spagnoli come Melià, Riu o Barcelò. Oggi per contare qualcosa a livello internazionale devi avere oltre 100 alberghi.

In Italia siamo ben distanti…
Pensi, però, se Th decidesse di unirsi a Una, Starhotels e Voi di Alpitour. Una bella  aggregazione è la carta vincente per contare qualcosa nello scacchiere internazionale.

Siamo in dirittura d’arrivo nella nostra intervista. Ma lei non ha mai pensato di acquistare un albergo e fare l’imprenditore?
Qualche volta ho accarezzato questo pensiero, come negarlo. Ma voglio restare manager e fare tante cose. Mi piace godermi la vita e con il mio blog posso spaziare e dialogare con giovani ed esperti. Una bellissima esperienza. Piuttosto accetterei di fare il ministro del Turismo (e scoppia a ridere n.d.r.), ma non mi faccia passare per uno con un ego spropositato.

Chiudiamo. Come definirebbe Palmiro Noschese?
Ambizioso, tenace e con una curiosità infinita.

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