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Prospettiva Hard Brexit: le conseguenze per il turismo secondo Hotrec

Hotrec ha analizzato le possibili conseguenze che potrebbero derivare dalla Brexit dopo il 29 marzo 2019, data in cui la Gran Bretagna lascerà l’Ue con o senza un accordo. Data non modificabile se non espressamente richiesta dallo stesso Regno Unito e concesso all’unanimità dai 27 Stati membri dell’Unione europea.

Si tenga intanto presente che, scrive hotelmag.it, secondo Banca d’Italia, nel 2017 erano stati registrati oltre 30 milioni di pernottamenti effettuati dai visitatori britannici in Italia, pari a una crescita dell’8,1% sul 2016, mentre la spesa turistica nel periodo gennaio-novembre 2017 si era attestata a 3,17 milioni di euro, con un incremento del 13,2% rispetto ai primi undici mesi del 2016. Stando poi alle previsioni 2018 di Ciset-Trip Italia, il Regno Unito, con 3,9 milioni di arrivi stimati, costituisce uno dei mercati di origine più dinamici e importanti per i flussi turistici sul nostro Paese.

L’associazione europea, di cui fa parte Federalberghi, ha quindi prospettato i possibili scenari con le possibili ripercussioni su turismo e ospitalità.

In caso di Hard Brexit
“Le conseguenze della Brexit sul settore sono probabilmente enormi, sia nel caso di Hard Brexit che di Orderly Brexit, con forti conseguenze giuridiche in ogni singolo aspetto già regolamentato in ambito Ue – premette Hotrec in una nota -. Di tutti gli scenari, l’Hard Brexit sarà sicuramente il più difficile e il più doloroso, poiché non ci sarebbe alcun periodo di transizione”.

Piano d'emergenza
A fronte della possibile sospensione dei voli, così come dei collegamenti marittimi e ferroviari tra Regno Unito e nazioni Ue dopo il 29 marzo prossimo, l’Unione europea ha già adottato un piano di emergenza per garantire che i collegamenti di base rimangano in vigore almeno a breve termine. Indubbia la conseguenza di un forte impatto negativo sul turismo e l’ospitalità nei Paesi per i quali il Regno Unito è un importante mercato di origine, Italia in primis.

Sempre in regime di Hard Brexit – prosegue l’analisi -, ai turisti del Regno Unito potrebbe non essere più consentito il visto per viaggiare gratuitamente nell’Ue dopo il 29 marzo 2019. In proposito, l’Ue ha previsto un piano di emergenza per consentire ai viaggiatori britannici di viaggiare privi di visto se il Regno Unito fa la stessa cosa per i cittadini europei.

Atro punto nevralgico è quello concernente i lavoratori britannici impiegati in imprese dell’ospitalità nei 27 Stati dell’Ue. Di seguito le eventualità studiate da Hotrec. “Scenario Hard Brexit”: lavoratori britannici attuali e futuri potenzialmente soggetti alle stesse restrizioni dei lavoratori non-europei, come da norme nazionali. Ciò può amplificare la manodopera e la carenza di competenze nelle imprese di ospitalità. “Scenario di accordo sui prelievi”: i cittadini britannici residenti nell’Ue da prima del 29 marzo 2019 manterranno il loro diritto al lavoro. Tuttavia, i lavoratori britannici che intendono entrare a lavorare nell’Unione europea dovranno seguire le norme nazionali per i lavoratori non-europei, e questo può amplificare la manodopera e la carenza di competenze nelle imprese di ospitalità. “Riconoscimento reciproco delle qualifiche”: conseguenze sconosciute, ma è possibile prevedere interruzioni.

In tema di Direttiva sui pacchetti turistici, ecco gli scenari secondo Hotrec. In caso di Hard Brexit, gli hotel dell’Ue che vendono pacchetti a turisti britannici potrebbero dover sottoscrivere una protezione da insolvenza del Regno Unito dopo il 29 marzo 2019: “Problema finanziario potenzialmente importante – sottolinea l’Associazione – per gli hotel nei Paesi in cui il Regno Unito è un importante mercato di origine”. In uno scenario di accordo di ritiro, invece, gli hotel continuerebbero ad applicare la Package Travel Directive vendendo pacchetti ai turisti britannici sino a fine 2020. “Gli alberghi dell’Ue che vendono pacchetti a turisti britannici – aggiunge la nota – potrebbero dover sottoscrivere una protezione da insolvenza del Regno Unito oltre alla protezione dall’insolvenza dell’Unione europea dopo il 2020, a meno di uno specifico futuro accordo”.

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