Qualcosa in più di due secoli ma finalmente il divieto è crollato: le donne potranno indossare liberamente i pantaloni.

Non si tratta di cronaca di un'epoca remota, bensì di un fatto di questi giorni che sul fondo della data porta ben in vista l'anno, 2013.

Accade a Parigi, in Francia, dove era ancora in vigore "l'ordinanza concernente il travestimento delle donne" che proibiva di fatto l'abbandono degli abiti del proprio sesso, salvo motivi specifici e ampiamente giustificati.
Pena per la trasgressione, l'incarcerazione immediata.

Ma era l'800, erano altri tempi. Quel che conta invece è che ai nostri giorni tutto sia possibile e che non esistano più alcune distinzioni tra uomini e donne, per non parlare di tutte le altre stupide barbarie perpetrate per secoli su diatribe religiose, territoriali, razziali, di condominio e chi più ne ha meno ne metta, please.

Tutta acqua passata, sepolta, dimenticata, forse addirittura scaduta.
La dimostrazione lampante la si trova anche nel "piccolo mondo moderno" del turismo italiano. Le solide aziende del comparto sono infatti guidate dalla più variegata compagine umana mai esistita. Vi sono manager di ogni dove, con accenti singolari, lontanissimi dalle quattro cadenze che dominavano in passato e che tradivano origini di Milano, Roma, Torino e Napoli.

Il turismo non è solo proiettato nel futuro, lo anticipa proprio. E la classe dirigenziale ne è un chiaro segnale: non a caso le grandi menti della tourism industry tricolore sono anche giovani rampanti, manager di ogni credo, orientamento e colore e, neanche è il caso di evidenziare, una moltitudine di donne, forse addirittura la componente maggiore, a prescindere che portino gonna o pantaloni.

Del resto è un po' come per il buon vino, poco importa che sia rosso o bianco, invecchiato in rovere, di uve miste, di vitigni autoctoni o stranieri. Conta solo la qualità, no?

Non funziona forse così?

Ah, sì. Forse no.

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