Ultimo aggiornamento alle 09:36
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Il faccia a faccia Franceschini-Google

di Claudiana Di Cesare

Vicini ma ancora distanti. Il confronto tra il ministro Franceschini e il presidente di Google, Eric Schmidt, ha evidenziato il gap presente tra la politica e le logiche dell'impresa globale.

La chiacchierata all'Università La Sapienza di Roma di fronte a una platea di studenti assume subito le sfumature di una paternale, sui toni del "hai grande potenzialità, ma non ti impegni abbastanza". Primo punto da affrontare, l'occupazione.

"La disoccupazione giovanile al 40 per cento dimostra un fallimento delle vostre politiche - entra subito, a gamba tesa, Schmidt –. Potete fare di più con la digitalizzazione". Il Paese ha il pane, ma non ha denti sufficientemente affilati. "Avete come asset un grande patrimonio - spiega il top manager -, ma non la tecnologia necessaria per sfruttarlo".

Franceschini incassa, "è vero che siamo arretrati a livello digitale", ma sottolinea lo sforzo fatto con le misure del d.l., "sia per incrementare la presenza del ricettivo sul web, sia per aiutare i giovani".

Il discorso è più ampio per il top manager di Mountain View. "Non formate competenze adatte - insiste -. Negli Usa tutte le scuole insegnano informatica".

Il ministro non sfugge al confronto e mette in guardia il manager dai rischi di una globalizzazione delle risorse. "Ogni Paese ha vocazioni diverse - spiega -, magari un ragazzo italiano è più esperto di storia medievale e, nel mondo, può essere apprezzato".

La distanza tra le due visioni si palesa anche nel confronto sull'esigenza di digitalizzare il patrimonio culturale. Google ha già una piattaforma per le opere d'arte e sugli smartphone è possibile mostrare tutto ciò che è presente in un museo. "Un'occasione che un Paese come l'Italia - suggerisce, pragmatico e lungimirante, Schmidt - dovrebbe cogliere al volo".

Ancora una volta Franceschini risponde al manager allontanando l'attenzione dalle ragioni del mercato: "La cultura è un servizio e non tutto si fa per profitto". E sul dominio delle Olta, difeso da Schmidt appannaggio dell'aumento di visibilità e degli arrivi, Franceschini conclude: "ll Governo ha il dovere di difendere chi è più debole dalle logiche dell'impresa globale - spiega - come i piccoli hotel che subiscono la clausola del parity rate".

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