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L'editoriale
di Paolo Audino -
E adesso
un viceministro

La nomina di Massimo Bray alla Cultura con delega al turismo ha innescato una serie di reazioni e commenti piuttosto interessanti. Con toni diversi e da diverse angolazioni politiche il punto di arrivo della maggioranza degli interventi è omogeneo: quanto il neo ministro vorrà, potrà e saprà occuparsi di turismo e quanto vorrà, potrà e saprà non renderlo una materia di serie B rispetto alla cultura?

La risposta è già in parte in un retroscena che riguarda la formazione del governo: Enrico Letta era salito al Colle con una lista di ministri che non prevedeva affatto il dicastero del turismo. Sua intenzione era quella di tenere la delega al turismo all'interno dell'Industria o in alternativa direttamente nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Intenzioni non casuali, ma dettate dalla consapevolezza dell’importanza del tema e dalla sue potenziali implicazioni in ambito di sviluppo economico del paese.

I giochi del partiti hanno cambiato i programmi del presidente incaricato, introducendo variabili dettate dai giochi di forza e di equilibrio politico. La scelta di Bray, a quel punto, è parsa non derogabile.

Adesso si aprono i giochi sui sottosegretari. Cultura e Turismo avranno due diversi sottosegretari e se per la prima la cerchia dei nomi è piuttosto ristretta, sul secondo la partita è più aperta.

È chiaro a molti che per poter compensare il dicastero secondario servirebbe un vero e proprio vice ministro, cosa impossibile tecnicamente, ma possibile indicando per quella posizione un nome forte. Un nome conosciuto e apprezzato, capace di muoversi bene nei meandri del Palazzo e in quelli, ancor più insidiosi, delle politiche territoriali. Una figura capace di uscire dalle logiche del territorio ristretto e delle sue peculiarità, che sappia osservare scenari internazionali, che conosca le tecnologie con relativi pregi e sovrastime, che sappia anteporre le strategie del settore alle tattiche della politica.

Una persona curiosa, brillante e in grado di imparare in fretta le technicality del settore di cui non dovrebbe necessariamente essere un esperto ma di cui dovrebbe percepire fino in fondo le immense potenzialità.

Perché se c’è una cosa di cui noi addetti ai lavori non riusciamo a darci pace è proprio questa: il turismo sarà pure visto dalla politica come una materia di serie B, ma la sua governance è talmente sgangherata e le sue potenzialità di incidere sull’economia del Paese talmente grandi, che chiunque lo approcci da incaricato in un ruolo politico di rilievo ha di fronte a se praterie sconfinate tutte da percorrere e tutte da conquistare, un’opportunità quasi senza pari. Nessuno fino a oggi ha saputo, voluto o potuto giocarsi fino in fondo questa opportunità, e nessuno ha dimostrato la determinazione necessaria.

Al futuro sottosegretario/viceministro questa opportunità si presenta oggi in un modo talmente evidente che perderla sarebbe un vero e proprio suicidio. E come tale, sarebbe definitivo.

Twitter @paoloaudino

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